Erosione del capitale culturale: l'Impatto dell'omologazione sul PIL della Sardegna
- Esplora geologiavventurosa

- 4 set
- Tempo di lettura: 4 min
Autore: Nicola Rosso Borghero - SOBORNOST - 04/09/2025
La crisi delle identità locali nell'arcipelago sardo, dovuta a un pervasivo processo di omologazione culturale, si configura come una profonda negazione del principio di sobornost, inteso come la cooperazione e l'unità solidale di entità distinte ma interdipendenti. Questo fenomeno non è casuale, ma è il risultato di una narrazione monolitica sui Nuragici che, negli ultimi trent'anni, ha egemonizzato il discorso pubblico e accademico. Tale costruzione ideologica, che riduce l'infinita complessità storica a un'unica radice ancestrale, serve a giustificare un'errata concezione di "isola madre" da cui dipartirebbero concezioni omogeneizzanti. Questa visione di una cultura sarda unica è intrinsecamente votata alla cancellazione etnica e linguistica delle diversità che hanno animato l'arcipelago per millenni. La geografia del potere che sottende questa dinamica si manifesta attraverso politiche culturali centraliste che mirano a uniformare identità plurime, glorificando un passato idealizzato e ignorando la ricchezza delle stratificazioni storiche. Negli ambienti universitari, questa narrazione dominante ha spesso soffocato le voci che esploravano la pluralità delle culture, innescando una "catarsi della conoscenza" che ha reso il dibattito scientifico un mero esercizio di legittimazione ideologica. La progressiva cancellazione culturale si manifesta nella marginalizzazione delle tradizioni, delle lingue e delle pratiche locali in favore di un'immagine uniformata della Sardegna, compromettendo il senso di identità delle comunità. L'ideologia di un popolo nuragico come elemento omogeneizzante non solo semplifica, ma distorce la storia. Essa ignora il fatto che la Sardegna è un palinsesto di influenze: dalle popolazioni indigene dei regni precristiani delle tribù di Sandalion, ai Romani, che portarono una complessa organizzazione politica e giuridica, agli Iberici, ai Cartaginesi e ai Greci, le cui rotte commerciali e culturali hanno lasciato tracce indelebili. Le dominazioni successive, dai Vandali ai Bizantini, agli Arabi, hanno continuato a modellare il tessuto sociale e spirituale. Il legame con il bizantinismo, che affonda le sue radici fino a Michele VIII Paleologo, è un esempio lampante di come l'isola abbia assorbito e rielaborato una spiritualità complessa e stratificata. Le interazioni con Genova, Pisa, Amalfi, e poi con il Regno di Napoli e le successive dominazioni aragonesi, spagnole e sabaude, hanno continuato a plasmare il mosaico culturale sardo. Questo approccio scientifico-storico, basato su dati ed evidenze, è stato piegato a una narrazione romantica, tradendo il principio della ricerca in favore dell'ideologia. La mancanza di un dialogo critico nelle accademie aggrava questa situazione, dove il mito prevale sulla realtà.
L'omologazione culturale non si limita alla sfera identitaria, ma comporta un conseguente e diretto impoverimento economico. Dal punto di vista della geografia economica, la cancellazione della diversità culturale si traduce in una perdita di unicità e di valore aggiunto. La standardizzazione di usi, costumi e produzioni locali rende i territori meno attrattivi e competitivi sul mercato globale. L'unicità culturale, infatti, è un capitale immateriale che genera valore, alimentando il turismo esperienziale, l'artigianato di alta qualità e la produzione agroalimentare distintiva. La sua progressiva scomparsa porta a una riduzione del PIL correlato a questi settori, sostituendo la ricchezza delle tradizioni con un'offerta generica e meno redditizia. L'omologazione, in questo senso, rappresenta una forma di erosione del capitale territoriale che mina le fondamenta economiche dell'isola. La perdita di lingue e dialetti, ad esempio, non è solo una perdita spirituale, ma anche economica, poiché rende meno riconoscibile e meno commerciabile il prodotto identitario di un territorio.
La multiculturalità, lungi dall'essere un'aggiunta recente, è l'essenza stessa della Sardegna, la sua forza propulsiva. L'isola è da sempre un crocevia di civiltà, un punto di incontro e di scontro che ha plasmato un'identità complessa e ricca. Fin dalle sue origini, l'arcipelago ha assorbito e rielaborato una pluralità di influenze che ne hanno definito il carattere. L'eccezionale posizione geografica l'ha resa un punto focale per poteri marittimi e terrestri, un teatro di continue interazioni. Questa dinamica si è ulteriormente rafforzata con le dominazioni di Vandali, Bizantini e Arabi, che hanno lasciato tracce indelebili nella lingua, nell'architettura e nelle tradizioni. La spiritualità stessa dell'isola risente profondamente di questi incroci. Il legame con il bizantinismo, un esempio straordinario di sincretismo culturale, ha fuso la fede con elementi autoctoni e importati, creando una spiritualità profonda e stratificata. Le complesse interazioni con le repubbliche marinare e i regni europei hanno continuato a modellare questo mosaico culturale, rendendo la Sardegna un esempio di resilienza e adattamento.
Oggi, in un contesto globale in cui la multipolarità risuona con i "cannoni" delle tensioni geopolitiche, la Sardegna si trova ancora una volta in mezzo alle dispute. La crisi in Crimea e le tensioni nel Mediterraneo Orientale la pongono al centro di equilibri precari, rendendola un punto strategico e sensibile. La storia si ripete, ma in forme nuove. La resilienza culturale e la capacità di adattamento che l'arcipelago ha dimostrato nel corso dei millenni sono oggi più che mai necessarie per navigare in questo scenario. La sua ricca eredità multiculturale, lungi dall'essere una debolezza, è un capitale inestimabile che le permette di comprendere la complessità dei conflitti e di agire come potenziale ponte tra culture e civiltà, dimostrando che la vera ricchezza di una terra risiede nella sua capacità di abbracciare e valorizzare la pluralità.