Le mani della terra e le rotte del mare frà geologia, geografia e tradizione nella ceramica genovese
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- 23 set
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Autore: Nicola Rosso Borghero - SOBORNOST - 22/09/2025
DOI 10.17605/OSF.IO/N5ZHD
Nel vasto e affascinante panorama della storia dell'arte e dell'archeologia, la ceramica albisolese emerge come un prezioso testimone delle dinamiche culturali e commerciali che hanno caratterizzato la Liguria a partire dall'anno 1000 d.C. in un periodo di transizione e rinascita dopo la caduta dell'Impero Romano. Questa ricerca si propone di esplorare, attraverso un'analisi contestualizzata, le molteplici sfaccettature della graffita arcaica tirrenica, le prime attestazioni della ceramica albisolese e i luoghi di produzione che ne hanno segnato l'evoluzione. Le indagini si concentreranno sull'inquadramento storico, sulle caratteristiche distintive della produzione, sui luoghi di ritrovamento, sul ruolo cruciale delle corporazioni artigiane e sulle interazioni con le reti commerciali che si estendevano dalla Crimea al Nord Africa. Attraverso questo percorso, la ricerca intende documentare un aspetto cruciale della storia sardo-ligure e del Mediterraneo, rivelando come la ceramica non fosse solo un oggetto di uso quotidiano, ma un veicolo di scambi culturali, un simbolo di prestigio e un elemento chiave nella costruzione dell'identità genovese e dei suoi territori.
A partire dall'anno 1000, dopo la caduta dell'Impero Romano, l'Italia si trovava in una fase di transizione, caratterizzata da un rinnovato dinamismo economico e da un'intensificazione degli scambi con l'Oriente bizantino, la Barberia e il Mar Mediterraneo in genere. Questo periodo, segnato da un'evoluzione delle pratiche artigianali e da un arricchimento delle tradizioni locali, ha visto la Liguria, e in particolare Savona e Albisola, emergere come un centro nevralgico nella produzione di ceramiche. La Graffita Arcaica Tirrenica (GAT) si configura come un fenomeno di particolare rilevanza in questo contesto. Questa classe di ceramica, prodotta tra il XII e il XIV secolo, si distingue per alcune caratteristiche tecniche e decorative specifiche: i vasi venivano rivestiti con un ingobbio di argilla bianca, su cui la decorazione era realizzata incidendo la superficie con una punta per far emergere il colore scuro dell'argilla sottostante. Dopo una prima cottura, i manufatti venivano ricoperti da una vetrina piombifera trasparente o colorata, tipicamente gialla e verde. Le forme più diffuse erano piatti e scodelle da mensa. La GAT non era solo un prodotto locale, ma un veicolo di scambi culturali e commerciali, come attestato dalla sua presenza in diverse aree del Mediterraneo, tra cui la Sardegna e la Provenza, a testimonianza di una rete commerciale che si estendeva ben oltre i confini liguri. Gli scavi archeologici condotti a Castel Delfino, nel convento di San Domenico e nel complesso monumentale del Priamàr a Savona, sono stati fondamentali per stabilire la cronologia della GAT, collocandone l'introduzione nel tardo XII secolo. Questi ritrovamenti, frutto di un'accurata analisi stratigrafica, hanno permesso di delineare un quadro più chiaro della produzione ceramica ligure, evidenziando la continuità e l'evoluzione delle tecniche artigianali nel corso dei secoli. La presenza di ceramiche di importazione accanto a quelle di produzione locale indica un vivace scambio commerciale, mentre elementi decorativi di chiara ispirazione barbarica, rintracciabili in alcuni frammenti, suggeriscono un'osmosi tra le tradizioni ceramiche locali e quelle delle popolazioni migranti.
Le prime attestazioni della produzione ceramica albisolese si concentrano in due aree geografiche principali: Albissola Marina e Albenga. Ad Albissola Marina, le indagini archeologiche hanno messo in luce una serie di fornaci ben conservate, le cui strutture testimoniano un'intensa attività produttiva già a partire dal VI secolo d.C. Questi ritrovamenti, con resti di impasti e scorie, offrono una preziosa finestra sulla tecnologia ceramica dell'epoca, rivelando l'uso di argille locali e la padronanza delle tecniche di cottura. Il quadro della distribuzione della ceramica albisolese si arricchisce ulteriormente se si considera la sua diffusione nei mercati del Mediterraneo. Questa tipologia ceramica ha sostituito, in parte, le importazioni di graffita bizantina, in particolare dello Zeuxippus ware, apprezzato per la sua vivacità cromatica e per la varietà di forme. Le fonti storiche attestano che i contatti commerciali tra la Liguria e l'area mediorientale hanno facilitato l'importazione di maestranze specializzate, capaci di produrre ceramiche ingobbiate. Questo fenomeno imprenditoriale ha portato alla creazione di una produzione ceramica che ha soddisfatto le esigenze di diverse categorie sociali, grazie anche al suo costo contenuto. La diffusione della ceramica albisolese a Palermo, in un periodo di crisi economica, suggerisce che la sua accessibilità ha giocato un ruolo cruciale nel suo successo. Le rotte commerciali che collegavano Genova con il Mediterraneo e il Nord Africa hanno avuto un impatto significativo sull'evoluzione della ceramica ligure. La cartina dei traffici marittimi del porto di Savona, tracciata da Angelo Nicolini, evidenzia le direttrici commerciali che hanno favorito la diffusione della ceramica albisolese verso il Nord Africa, la Provenza e le rotte orientali. La presenza di ceramiche di tipo pavese e di ceramica graffita "a stecca", che rivelano l'influenza delle produzioni pisane, suggerisce una rete di scambi culturali e commerciali che attraversava l'intera regione. La ceramica di Vado Ligure, dove sono stati rinvenuti frammenti che attestano l'influenza delle tecniche di produzione spagnole e musulmane, si inserisce in un contesto più ampio di interazione culturale, evidenziando come la Liguria fosse un punto di incontro tra diverse civiltà.
Nel contesto della Repubblica di Genova, il periodo che va dal X al XVIII secolo si caratterizza per un fiorente sviluppo delle corporazioni artigiane, le quali si rivelarono fondamentali non solo per l'economia locale, ma anche per il commercio mediterraneo. Le corporazioni dei ceramisti liguri si distinsero per la loro abilità nella lavorazione dell'argilla, un materiale che, estratto dalle cave della regione e delle sue enclavi, costituiva la base per la produzione di ceramiche di alta qualità. I maestri tornitori (vasai), attraverso la Compagnia del Santissimo Sacramento, non solo si organizzarono in un sistema di mutuo soccorso, ma divennero anche attori chiave nel commercio delle ceramiche, esportando le loro opere in tutto il Mediterraneo. L'argilla, materia prima essenziale, veniva estratta con perizia dai maestri di cava (magister Antelami), i quali, operando in un contesto di cooperazione con i mastri tornitori, garantivano un approvvigionamento costante e di qualità. È fondamentale sottolineare il legame tra i ceramisti e le corporazioni dei farmacisti e dei medici. I mastri tornitori, grazie alla loro competenza nella lavorazione dell'argilla, fornivano recipienti e contenitori utilizzati per la conservazione di medicinali e sostanze chimiche. Questo scambio di beni e conoscenze contribuì a elevare il prestigio delle corporazioni artigiane. Le corporazioni dei mercanti, d'altro canto, mantennero relazioni strette con l'aristocrazia genovese, la quale, con i suoi interessi economici diffusi nel Mediterraneo, si rivelò un alleato strategico per il commercio delle ceramiche. Un esempio di questa interazione tra le famiglie aristocratiche e quelle mercantili si trova in Nord Africa, in particolare nell'enclave di Tabarca. Qui, la famiglia Cattaneo, un'importante famiglia degli Alberghi genovesi, aveva forti interessi commerciali. Sebbene le fonti non attestino un legame documentale diretto di partnership con i Borghero, è indubbio che un'alleanza strategica fosse in atto. I Borghero, attivi nella pesca e nel commercio del corallo rosso, ricoprivano un ruolo di primo piano nella comunità tabarchina, agendo come figure di riferimento e mediatori commerciali. Un dato cruciale a tal proposito è la presenza di Nicola Borghero, che fu eletto consigliere a Carloforte, la cittadina sarda fondata dai tabarchini dopo l'abbandono dell'isola tunisina nel 1738. Questa informazione conferma il ruolo di leadership dei Borghero e la loro stretta relazione con la comunità tabarchina e, di riflesso, con i mercanti più potenti come i Cattaneo. La loro posizione complementare a quella delle grandi famiglie, che fornivano il capitale e le relazioni politiche, dimostra come la rete commerciale genovese fosse un sistema integrato, basato su alleanze e cooperazione tra famiglie di diverso rango sociale. I Borghero, in questo contesto, contribuirono a rafforzare la rete commerciale genovese, facilitando l'esportazione di ceramiche e l'importazione di materie prime. Le corporazioni non si limitarono a essere semplici entità economiche, ma divennero veri e propri attori sociali e culturali. Esse parteciparono attivamente alla vita pubblica, influenzando le decisioni politiche e contribuendo alla definizione dell'identità genovese. Il loro legame con l'aristocrazia genovese si rivelò cruciale per il consolidamento del potere economico e politico della Repubblica, e l'influenza di culture diverse, come quella araba e quella spagnola, si rifletté nelle decorazioni e nelle forme delle ceramiche, arricchendo ulteriormente il panorama artistico genovese.
La Repubblica di Genova dovette affrontare una strenua concorrenza della Repubblica di Venezia per il controllo delle rotte commerciali verso l'Oriente. La rivalità tra le due superpotenze marittime era radicata nel desiderio di dominare il Mediterraneo e il Mar Nero. In questo contesto, la colonia genovese di Caffa (oggi Feodosia), in Crimea, divenne un nodo cruciale per il commercio con l'Oriente. I veneziani cercarono in ogni modo di estendere la loro influenza in quella regione, trasformando le spedizioni religiose in vere e proprie guerre commerciali. Nonostante la rivalità con Venezia, il commercio genovese non si fermava a Caffa, ma si estendeva in profondità nel continente asiatico. Da Caffa, le rotte carovaniere si ramificavano, congiungendosi con la leggendaria Via della Seta, permettendo ai mercanti genovesi di raggiungere mercati lontani, come quelli della Persia e dell'Asia centrale. Le famiglie degli Alberghi di Genova ebbero un ruolo preminente in questa espansione. Famiglie come i De Ghisolfi, i De Marini, i Doria e i Grimaldi si spartirono il controllo di varie località e mercati in Crimea e nel Mar Nero. Nel Mar Egeo, famiglie come gli Zaccaria, i Gattilusio e i Giustiniani stabilirono dei veri e propri feudi, come l'isola di Chio e Lesbo, diventando i principali attori nel commercio e nell'amministrazione delle colonie. Anche in Nord Africa, come già accennato, le famiglie Doria, Cattaneo e i loro alleati come i Borghero si insediarono in città chiave come Tunisi e Tabarca per controllare le rotte commerciali. Tuttavia, il dominio genovese in Crimea fu messo in crisi dalle invasioni dei Mongoli. L'assedio mongolo di Caffa nel 1347 portò alla diffusione della Peste Nera in Europa e segnò l'inizio del declino delle colonie genovesi nel Mar Nero. L'ascesa dell'Impero Ottomano nel XV secolo inflisse il colpo di grazia, chiudendo definitivamente le rotte verso l'Oriente e segnando la fine del dominio genovese nella regione.
I ritrovamenti di manufatti ceramici in Sardegna e nel Mediterraneo rivestono un'importanza cruciale per la comprensione delle pratiche artigianali e delle dinamiche socio-culturali. Le fornaci di Albisola, come quelle di Castello di Monreale in Sardegna, rappresentano un fulcro della tradizione, dove la ceramica marmorata e smaltata si affermò come simbolo di un'arte raffinata e di un'economia fiorente. L'analisi di frammenti di treppiedi distanziatori, con il trigramma AMG, suggerisce un legame con specifiche botteghe artigiane e un sistema di qualità ben organizzato. La varietà di materiali e finiture, come la ceramica marmorata e smaltata, testimonia una continua evoluzione stilistica e le interazioni culturali che hanno caratterizzato la regione nel corso dei secoli. Infine, è fondamentale considerare il ruolo delle donne nel commercio della ceramica. Le fonti storiche e archeologiche suggeriscono che le donne, sia come artigiane che come mercanti, avessero un ruolo attivo nella produzione e nella distribuzione di ceramiche. Le testimonianze di contratti di vendita e di prestiti stipulati da donne evidenziano come esse partecipassero attivamente alla vita economica della Repubblica di Genova, contribuendo a plasmare le dinamiche commerciali e sociali del tempo. La ceramica albisolese, quindi, non era solo un prodotto artigianale, ma un simbolo di status sociale, un veicolo di prestigio e un elemento chiave nella costruzione dell'identità genovese.
La ceramica albisolese, attraverso la sua storia millenaria, si rivela un prezioso testimone delle dinamiche culturali, economiche e sociali della Liguria e del Mediterraneo. L'analisi della graffita arcaica tirrenica, dei luoghi di produzione e delle influenze artistiche e commerciali che l'hanno plasmata, offre una narrazione complessa e affascinante. Il ruolo cruciale delle corporazioni artigiane, la fitta rete commerciale che collegava Genova a regioni lontane come la Crimea e il Nord Africa, e la partecipazione attiva delle famiglie nobili e dei mercanti, inclusi strati meno elevati della società e le donne, sottolineano l'importanza di questo manufatto nella storia genovese. La ceramica, quindi, non è un semplice oggetto di consumo, ma un elemento chiave per comprendere le interconnessioni culturali e le relazioni umane che hanno segnato la storia di una delle repubbliche marinare più influenti del Mediterraneo. I ritrovamenti archeologici e le analisi storiche ci invitano a esplorare le ricchezze di un patrimonio culturale che, attraverso il tempo, ha saputo mantenere viva la sua essenza e il suo fascino, rivelando un passato ricco di scambi e di influenze che continua a vivere nelle tradizioni artigianali del territorio ligure e nei territori ancora legati alla cultura genovese.
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