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Geologo: La necessità di un dialogo costruttivo e le sue opposizioni

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    Esplora geologiavventurosa
  • 8 set
  • Tempo di lettura: 4 min

Autore: Nicola Rosso Borghero - SOBORNOST - 08/09/2025

In qualità di geologo, ho avuto l'opportunità di confrontarmi con diverse autorità ed esperti nel campo della geologia e dell'ingegneria. Questi scambi, spesso intessuti di amicizia e rispetto, hanno nondimeno evidenziato profonde incomprensioni su tematiche basilari. È imperativo, a mio avviso, affrontare queste divergenze con la serietà che meritano, riscoprendo il valore intrinseco della nostra posizione come studiosi e pensatori. Sebbene intimamente connesse, geologia e ingegneria manifestano approcci e priorità divergenti. Gli ingegneri, formati in un ambiente universitario che predilige la praticità e l'applicazione immediata, rischiano di sottovalutare l'importanza di una riflessione critica e teorica. Ciò non costituisce un difetto, ma piuttosto un orientamento che può limitare la comprensione di fenomeni complessi. È fondamentale che noi, come comunità scientifica, esaminiamo le questioni geologiche con uno sguardo critico, analizzando non solo i dati e le evidenze, ma anche le implicazioni più ampie delle nostre scoperte. La natura, un sistema complesso e interconnesso, dimostra come ogni aspetto della geologia abbia ripercussioni su altri campi, specialmente sulle scienze naturalistiche primarie. Addentrandoci in una riflessione più complessa sulla nostra epoca, la scienza non dovrebbe essere intesa come un costrutto deterministico di regole immutabili, ma come un'incessante messa in discussione del mondo e dei suoi fenomeni. In tale contesto, emerge con chiarezza la profonda opposizione tra gli obiettivi della geologia e quelli dell'ingegneria. La geologia, infatti, si fonda su una visione scientifica olistica, riconosciuta come una scienza primaria. L'ingegneria, al contrario, si configura come una scienza atomistica, che tende a smaterializzare il sistema per la risoluzione di problemi specifici, essendo per sua natura una scienza applicata. Questa intrinseca contraddizione dell'ingegneria si sposa perfettamente con i concetti moderni di smaterializzazione del territorio, un fenomeno inscritto nel quadro più ampio del transumanesimo territoriale. Il transumanesimo, in quanto trasformazione radicale della società, è realizzabile solo attraverso la transumanizzazione dell'essere umano stesso. Come ci avvertì un'enigmatica figura del web, John Titor, il transumanesimo è l'antitesi stessa dell'umanità. È per questo motivo che la geologia, ancorata ai valori universali di una scienza al servizio dell'umanità, si pone in antitesi all'ingegneria, la quale, in diversi campi, trasuda di transumanesimo. Ciò non implica che la geologia sia una disciplina arretrata; al contrario, è estremamente avanzata, specialmente nello studio dei fenomeni complessi del pianeta Terra, dell'universo e di altri corpi celesti. La geologia, nel suo DNA, mira a creare un mondo realmente migliore attraverso la conoscenza. L'ingegneria, invece, con la sua attuale deriva, è diventata un simbolo indefettibile delle élite globaliste, agendo come un automa la cui semantica è stata alterata per svolgere operazioni solo apparentemente benefiche per l'umanità. In questo scenario, sorgono notevoli questioni etiche nell'ingegneria. Un'etica che il determinismo, pilastro fondante dell'ingegneria, ha sempre faticato a integrare. Non a caso, le discipline "sorelle" dell'ingegneria, l'economia e la finanza, hanno mostrato una palese mancanza di etica sin dalla loro genesi, alimentata dalla speculazione finanziaria sull'umanità. L'uomo tecnico ha errato e fallito a causa del suo stesso virus del transumanesimo. Con la sua volontà di atomizzare il territorio, ha di fatto annullato i prodigi della rivoluzione industriale stessa. È come se l'uomo tecnico moderno odiasse la propria eredità, e non contento, fagocitasse le altre scienze, inglobandole e trasformandole. Questa immagine allegorica descrive bene l'attuale tendenza dell'ingegneria a silenziare le scienze primarie, patrimonio della cultura plurimillenaria italiana, per poi assorbirle e ridurne il sapere a una serie di frammenti. È cruciale che noi, geologi e scienziati, ci impegniamo a preservare e valorizzare le scienze primarie, riconoscendo il loro contributo fondamentale alla comprensione del mondo. La geologia, con la sua capacità di analizzare i processi naturali e le interazioni complesse, offre una prospettiva unica che può arricchire il dibattito scientifico e sociale. Dobbiamo resistere a una visione riduttiva che privilegia la sola applicazione pratica a scapito di una comprensione più profonda e olistica. Tuttavia, è fondamentale riconoscere che un equilibrio di collaborazione tra l'uomo tecnico e il geologo sarà un'utopia, poiché la divergenza tra queste due figure è impossibile da colmare. L'unica via possibile per il futuro è definire una volontà condivisa di delimitare i campi di lavoro per ciascuna disciplina, stabilendo con chiarezza le regole necessarie per la loro interazione. Questa riflessione può sembrare assurda, ma è sufficiente osservare l'arretratezza nella gestione territoriale, frutto dell'atomizzazione, per comprendere che l'uomo tecnico ha fallito, non solo in termini pratici, ma anche a livello teorico, a causa dei fondamenti errati diffusi nei centri del sapere e nel potere che tale posizione conferisce nella gestione del territorio italiano. La geologia, con la sua visione olistica e i suoi valori universali, deve assumere un ruolo cruciale nel plasmare un futuro migliore per l'umanità, in armonia con il nostro ambiente e le scienze che lo studiano. Solo attraverso un'analisi approfondita e un dialogo sincero potremo sperare di affrontare le sfide che la natura e la società ci pongono. La vera sfida consiste nel riconoscere e rispettare le differenze tra le discipline, creando spazi di interazione che non siano dominati da una visione riduttiva, ma che valorizzino la complessità e la ricchezza del sapere scientifico.

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