Oltre il dogma: la scienza è libertà, non certificazione
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- 3 set
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Autore: Nicola Rosso Borghero - VULCANO - venerdì 8 agosto 2025
La scienza è spesso descritta come un processo rigido e inflessibile, governato da esperimenti, dati e da una "verità" dimostrabile. Ma questa visione, per quanto rassicurante, è incompleta. La scienza, nella sua forma più pura, non è una prigione di dogmi, ma la ricerca della libertà intellettuale. La sua forza non risiede nel certificare ciò che già conosciamo, ma nell'audacia di esplorare ciò che ancora non comprendiamo.
Se la scienza si limitasse a ciò che è immediatamente verificabile, si fermerebbe. La storia è costellata di esempi che dimostrano il contrario. Basti pensare a Galileo Galilei, che osò sfidare il modello geocentrico accettato per secoli. Ma la lotta contro il conformismo è ancora più antica, incarnata da figure come Ipazia d'Alessandria, la grande filosofa, matematica e astronoma che visse ad Alessandria nel IV secolo e la cui tragica fine fu simbolo di un'epoca in cui il sapere e la libertà di pensiero venivano soffocati. Nessuno incarna questa lotta come Giordano Bruno, che per le sue idee visionarie sull'infinità dell'universo fu condannato, dimostrando che il pensiero scientifico, quando è libero, può essere una forza rivoluzionaria, ma anche pericolosa per lo status quo.
Questa audacia intellettuale non si ferma alla storia antica. È una costante. Ancora più emblematico è il caso di Albert Einstein. La sua Teoria della Relatività, all'inizio del XX secolo, non fu accolta con unanime entusiasmo. Le sue idee nacquero da "esperimenti mentali", pensieri audaci che si spingevano ben oltre ciò che i laboratori dell'epoca potevano testare. La sua convalida sperimentale arrivò solo decenni dopo. La vera scienza, quindi, non si limita a un confine tra "conosciuto" e "non conosciuto", ma spinge costantemente questo confine sempre più in là.
Il coraggio di spingersi oltre è stato il motore di molte figure, anche meno celebrate. Figure come Ettore Majorana, genio della fisica teorica, hanno esplorato concetti così avanzati da lasciare un'eredità di mistero. E che dire di Nikola Tesla e Guglielmo Marconi? Mentre il secondo è riconosciuto come l'inventore della radio, il primo ha gettato le basi per la trasmissione senza fili e sviluppato tecnologie che ancora oggi ci lasciano sbalorditi, sfidando spesso le convenzioni scientifiche del suo tempo. Tesla stesso parlava di un'energia eterica da cui si poteva attingere. A questo si lega l'importanza della visione scientifica orientale, che ha sviluppato una vera e propria corrente di ricerca differente, meno legata al determinismo e più aperta alle scienze di frontiera fin anche allo studio delle forze e dei fenomeni dello spirito. Figure come Aleksandr Popov, spesso dimenticato in Occidente, ma considerato uno dei padri della radio in Russia, ci ricordano che il pensiero scientifico si muove spesso ai margini, oltre ciò che è accettato. La loro eredità, sebbene ancora oggi studiata in cerca di approfondimenti, ci spinge a non limitare la ricerca solo a ciò che rientra nei canoni.
Un esempio lampante di come un'idea possa essere scartata e poi tornare è proprio quello dell'etere. Dopo aver dominato per secoli la fisica come mezzo per la propagazione della luce, venne scartato dall'esperimento di Michelson-Morley e dalla Teoria della Relatività di Einstein. Eppure, oggi, nel cuore della fisica quantistica, il concetto riemerge sotto altre forme. Il vuoto quantistico non è più un "nulla", ma un ribollente oceano di energia, popolato da particelle virtuali. Molti fisici teorici lo descrivono come un "mezzo" che permea lo spazio, un'analogia con l'antico etere che dimostra come un'idea, anche se superata, possa tornare a ispirare la ricerca con una veste totalmente nuova.
Questo ci porta al nodo centrale del dibattito scientifico: l'eterno scontro tra i deterministi, che vedono l'universo come un meccanismo di causa-effetto nichilista, e coloro che hanno una visione sistemica e allargata dei fenomeni. Quest'ultima prospettiva, che riconosce l'interconnessione e la complessità di ogni cosa, è quella dei veri scienziati secondo la filosofia moderna. La scienza autentica non si limita a spezzettare la realtà per analizzarla, ma cerca di comprenderne il quadro generale, accettando che non tutto è prevedibile e che la somma delle parti non equivale al tutto.
Questa apertura mentale è l'antidoto alla rigidità che a volte si riscontra nel sistema stesso. Pensiamo alla peer review, il processo di revisione tra pari. È il metodo con cui gli articoli scientifici vengono valutati da esperti del settore prima di essere pubblicati, un sistema nato per garantire la qualità e la correttezza della ricerca. Tuttavia, può trasformarsi in un muro. Quando un'idea rivoluzionaria sfida lo status quo, rischia di essere bocciata non perché scientificamente errata, ma perché scomoda o non allineata al pensiero dominante. È un sistema che può soffocare la creatività e premiare la conformità.
Infine, la scienza non deve mai diventare una religione. L'ha insegnato il grande pensatore Gustavo Rol ai grandi della terra e lo avevano capito i grandi religiosi del passato, come i frati francescani che, ispirandosi a figure come Ruggero Bacone e Arnaldo da Villanova, si dedicarono all'alchimia ponendo le basi di una scienza autentica e non dogmatica. A questa visione si lega il pensiero di Raimondo Lullo, che con la sua "Ars Magna" cercò di creare un metodo combinatorio e non deterministico per l'esplorazione della verità, superando i limiti delle singole discipline. E come hanno dimostrato i grandi Santi e studiosi medievali, da Sant'Isidoro di Siviglia a Santa Ildegarda di Bingen, la scienza autentica è l'umile ammissione che il nostro sapere è solo una briciola infinita della sapienza di un Dio Universale. La libertà di pensiero è, in ultima analisi, l'ossigeno che permette alla scienza di respirare e progredire. Un'idea non è valida per un certificato, ma per la sua capacità di farci guardare il mondo con occhi nuovi e giusti.