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Sintesi geofilosofica dell'entità Sobornost' nel pan-fenomeno socio-antropico territoriale dell'arcipelago sardo.

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  • 3 set
  • Tempo di lettura: 4 min

Autore: Nicola Rosso Borghero - SOBORNOST - 03/09/2025

La disamina del corpus filosofico di Alexei Khomiakov, cristallizzato nell'opera "Alexei Khomiakov: The Mystery of Sobornost'", offre un'epistemologia transdisciplinare per la comprensione delle dinamiche socio-geografiche ed etno-culturali, superando il dualismo cartesiano tra l'individuo e la collettività. Khomiakov, figura centrale dello slavofilismo del XIX secolo, ha elaborato il concetto di sobornost', una sinergia spirituale che trascende le frammentazioni dell'atomismo moderno, e la sua logica si adatta perfettamente alla critica di un "apparato statale" che, con leggi e politiche, rischia di soffocare le identità locali sotto la maschera di un'apparente unità nazionale. Nato nel 1804 in una matrice nobiliare russa, il suo percorso intellettuale si innesta in un'epoca di polarizzazione tra le influenze endogene e le importazioni ideologiche occidentali, e ha postulato che l'assetto sociale sia una "manifestazione esterna dell'atteggiamento interiore degli uomini l'uno verso l'altro", asserendo così un'irriducibile interconnessione tra la sfera interiore dell'individuo e la fenomenologia dell'interazione sociale. La sobornost' non è un mero aggregato demografico, ma una comunione ontologica fondata su valori spirituali condivisi, un'architettura relazionale che si oppone alla dissoluzione causata dall'individualismo, e la sua applicazione al diritto e alla legislazione introduce un'etica della "reciprocità" e della "corresponsabilità", imponendo di superare la mera logica della "tolleranza" per abbracciare un'etica della "convivenza". La critica khomiakoviana si estende alle strutture ecclesiastiche, percepite come bureaucratizzazioni che hanno disarticolato il legame vivente della fede, e allo stesso modo le leggi nazionali e regionali, anziché limitarsi a una protezione formale, dovrebbero essere concepite come strumenti che promuovono attivamente la vitalità culturale delle minoranze, ovvero creare le condizioni affinché possano fiorire, e tale legge etica, in un'ottica sobornostiana, non è quella che concede un diritto, ma quella che lo rende "sostanziale" e "realizzabile". Parallelamente, la sua filosofia dell'arte si allinea a questa visione comunitaria, sostenendo che la vera creatività emerge solo quando l'artista "rinuncia alla sua libertà" individuale per servire il bene comune, un paradosso teleologico dove l'espressione artistica si realizza pienamente nell'abdicazione dell'io in favore del noi, e questo si traduce in politiche pubbliche che sostengono l'insegnamento delle lingue minoritarie, la trasmissione delle tradizioni e la salvaguardia dei luoghi di memoria, il tutto frutto di un dialogo profondo e paritario che eviti quel "perbenismo" che nasconde l'intenzione di una graduale assimilazione. Il saggio, esplorando l'attualità di tali concetti, suggerisce come l'intelletto isolato dalla "vita vivente" sia sterile, ponendo l'accento sulla necessità di una vita interconnessa, e il pericolo più insidioso per le minoranze non è una persecuzione esplicita, ma una "cancellazione etnica" sottile e progressiva, mascherata da politiche di integrazione, un processo che si manifesta attraverso l'imposizione di un'unica lingua, di una narrativa storica o di un modello economico che marginalizza le pratiche tradizionali. La sobornost' agisce da lente geofilosofica per decifrare le interazioni tra i fattori culturali, economici e sociali in un dato territorio, e l'omogeneizzazione culturale, lungi dal creare unità, genera "frammentazione interna" e una perdita di senso di appartenenza, specialmente nei "micropopoli", spesso confinati in aree geograficamente isolate come le isole o le valli montane. Le tradizioni, in quanto espressioni di una storia condivisa, non sono artefatti statici ma flussi dinamici che narrano la storia di un popolo, e il compito etico della legge è di fungere da scudo contro questa erosione silenziosa, riconoscendo la specificità di queste realtà e "tutelando la loro autonomia" non come un privilegio, ma come un diritto intrinseco alla loro esistenza. La storia non è una cronologia di eventi, ma un processo sinergico in cui ogni entità individuale contribuisce al continuum narrativo del territorio, e l'esistenza di un micropopolo non è solo un fatto demografico, ma un fenomeno geofilosofico, la cui identità è indissolubilmente legata a un paesaggio che non è solo uno sfondo, ma un co-autore della loro storia, e la sobornost' in questo contesto è il principio che anima questa interazione, garantendo che le decisioni siano prese in modo "partecipativo". Le dinamiche economiche, come gli scambi mercantili, sono intrinsecamente connesse alle relazioni umane: un'economia prospera in un tessuto di fiducia e cooperazione, e le leggi che si ispirano alla sobornost' devono essere più di un insieme di articoli, un riflesso della "giustizia sostanziale" che Khomiakov vedeva nella comunità ortodossa, dove la verità non è un'astrazione legale, ma una realtà vissuta. Lo spirito di comunità, inteso come partecipazione attiva e senso di responsabilità collettiva, è il substrato ontologico della sobornost' che si fa particolarmente pertinente nell'analisi dei micropopoli, e in questo quadro, il diritto non è un'entità superiore che impone la sua volontà, ma uno strumento al servizio della comunità, che garantisce la libertà e l'unità di tutti i suoi membri, e le normative che tutelano i micropopoli devono "riconoscere la loro esistenza come entità collettive", "garantire la rappresentanza", "promuovere la loro autosufficienza culturale ed economica" e "assicurare l'inviolabilità del loro patrimonio culturale". La sobornost' fornisce un paradigma di resistenza non belligerante, un'architettura relazionale che consente a queste comunità di perpetuare il loro patrimonio di fronte alla colonizzazione culturale, storica e linguistica, e l'etica sobornostiana si oppone a qualsiasi tentativo di ridurre le minoranze a folklorismi, poiché esse sono "soggetti attivi" della storia e della cultura, e la vera tutela non risiede nell'assistenzialismo, ma nella creazione di un ambiente che permette a queste comunità di "esistere e prosperare autonomamente". Le culture dominanti hanno l'obbligo etico di astinenza dalla coercizione culturale, riconoscendo che il rispetto della pluralità è il fondamento di un'armonia sociale, e il pensiero di Khomiakov, applicato alla giurisprudenza, ci invita a concepire una "giurisprudenza del pluralismo" che valorizza la diversità come fondamento di una società sana e resiliente. Le leggi, in un'ottica sobornostiana, non dovrebbero puntare all'uniformità, ma alla "sintonia" delle differenze, riconoscendo che il diritto di una minoranza a mantenere la propria identità non è in conflitto con l'unità nazionale, ma ne è un arricchimento, e l'obiettivo non è un'unità forzata, ma un'armonia spontanea, risultato di un'etica legislativa che pone al centro il rispetto e la dignità di ogni singola comunità. La sobornost' diventa così la bussola per una navigazione etica nel complesso mare delle relazioni interetniche e inter-comunitarie, guidando la legislazione verso la creazione di un mondo più giusto, inclusivo e culturalmente ricco, dove la forza di una nazione risiede nella sua capacità di integrare le sue parti minori senza annullarle.


Alexei Khomiakov, The Mystery of Sobornost, Artur Mrowczynski-Van Allen, Teresa Obolevitch, Pawel Rojek, James Clarke & Company, 2020

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